SE MI AMY 

SE MI AMY

Scritto ed interpretato da NAYA DEDEMAILAN

Scene di BRUNO FREDDI

Musiche di AMY WINEHOUSE

Regia ROBERTO ANGLISANI

Con il sostegno di

RADIX Svizzera Italiana e Festival Internazionale di NARRAZIONE di ARZO


SE MI AMY è uno spettacolo teatrale scritto ed interpretato da NAYA DEDEMAILAN sul tema della DIPENDENZA da ALCOL, destinato a

ADOLESCENTI ed ADULTI.

Il progetto è sostenuto da RADIX Svizzera Italiana, associazione che si occupa di dipendenze e dal Festival Internazionale di Narrazione di Arzo

http://www.festivaldinarrazione.ch/ http://www.radixsvizzeraitaliana.ch/

Si tratta di un monologo di narrazione con forte caratterizzazione attoriale.

Il nostro obiettivo è quello di far riflettere e sensibilizzare i più giovani sul tema delle dipendenze attraverso l’esperienza diretta di una storia drammatica, profondamente vera, una storia che non emette giudizi ma attraversa una gamma di emozioni, perché si addentra nell’animo umano e nei sentimenti.

SINOSSI

E' la storia di ELEN e ALAN, due adolescenti, che si ritrovano a lottare contro le proprie “dipendenze”.

Una battaglia di cadute e ricadute, con piccole vittorie e cocenti delusioni, un taglio drammatico con momenti di ironia.

Lo spettacolo, raccontato in prima persona dalla ragazza, è uno spaccato della sua vita insieme alle sue riflessioni come donna, intrecciato con la parabola tragica della cantante AMY WINEHOUSE, perché era la sua musica quella che ELEN ascoltava, sino alla morte dell’artista a soli 27 anni proprio per overdose da alcool.

Come due treni che percorrono binari diversi ma paralleli, le loro storie s'incontrano, s'intrecciano e si confondono. Spesso la storia di queste vittime si assomigliano quasi tutte, incredibilmente, perché alla base c'è sempre la stessa FRAGILITA’. Il testo con un linguaggio secco, moderno e giovanile, si caratterizzerà per un approccio umano, non moralista mostrando fatti ed episodi della vita di ELEN ed ALAN.


destinato ad un pubblico + 13 anni

NOTE DELL’AUTRICE

 SE MI AMY è nato una sera a Milano in metropolitana.

Un gruppo di ragazzi adolescenti portavano a spalla una loro coetanea in stato di incoscienza, tutti palesemente ubriachi.

Ridevano, ignari del dramma che la ragazza stava vivendo.

Sono intervenuta ma mi hanno mandata a quel paese. Non tranquilla ho chiamato il 118, e dopo pochissimi minuti è arrivata l’ambulanza.

Il resto della storia non la posso raccontare, non so come sia andata a finire, se quella ragazzina sia viva o morta, non lo so. Me ne sono andata con una grande amarezza ed un profondo senso di smarrimento.

È partita così, da una valanga di domande che i giorni seguenti mi facevo sulla fine di quella ragazzina, avrebbe potuto essere mia figlia e nella mia testa quella immagine si ripeteva allo sfinimento.

Come attrice, come essere umano, come adulta, mi sentivo una responsabilità, e come madre di un ragazzo che sta entrando nell’adolescenza ho voluto fare qualcosa “per loro”. Ma non volevo fare la solita predica sui danni dell’alcol, volevo raccontare una storia che parlasse “di loro”, delle loro fragilità, delle loro paure.

Così ho cominciato a scrivere una storia, la storia di una ragazzina normale, una ragazzina della loro età, che man mano si inoltra nella scoperta dell’alcol, quasi per gioco, per curiosità, perché “lo fanno tutti, perché oggi sono incazzata e ho voglia di sballare, perché vorrei divertirmi anch’io”… poi man mano ci si allontana sempre di più da quella che è una storia normale di adolescenza e si comincia a scivolare sempre di più in una dipendenza, che non arriva di colpo, ma piano piano, lenta, silenziosa. Poi ci sono l’ amore, gli eccessi , le delusioni, e tutto si mischia, si confonde come in un grandissimo cocktail dal sapore di adolescenza. Ho voluto scrivere uno spettacolo che non giudica ma invita a guardare in faccia la realtà, una realtà comune a tutti i ragazzi, conosciuta, con linguaggio duro, diretto, quello degli adolescenti.

Volevo portare in scena una storia vera, che parlasse direttamente a loro, sincera e senza veli, con i tratti essenziali del loro mondo: solitudine, euforia, spensieratezza, innamoramento, inadeguatezza, quella voglia di trasgredire tipica della loro età.

Le stesse che hanno segnato la vita splendente e tragica della cantante Amy Winehouse di cui mi aveva folgorato la trasparente fragilità che emergeva dal documentario su di lei realizzato da Asif Kapadia che avevo visto in quegli stessi giorni della metropolitana: era un segno che non potevo ignorare, il mio cerchio si chiudeva. Così Amy, morta per overdose di alcool, sarebbe diventato il filo conduttore di questa storia. Come due treni che percorrono binari paralleli, ma che qua e là si intrecciano e si confondono. L’ idolo, il modello o semplicemente la cantante preferita per la mia protagonista, Ellen? Lo scopriremo man mano.

Durante la scrittura ho poi avuto sempre un orecchio teso ai ragazzi, consultandomi spesso con mio figlio ed i suoi amici ed anche con un gruppo di studenti di un Liceo tra i 14 e i 16 anni che mi hanno assistito nelle varie fasi di stesura del testo, con dei dibattiti che mi facevano ancora più chiarezza sulla dinamica del gruppo, che gioca un ruolo fondamentale in questa fase della vita. Sono rimasta colpita soprattutto dalla voglia che i ragazzi avevano di parlare del problema alcol: fascinazione, mistero e paura. Sentivo la loro necessità.

Ho chiesto poi a Roberto Anglisani di dirigermi, perché solo lui poteva unire e plasmare narrazione ad interpretazione, ed è riuscito ad amplificare la mia intensità scenica.

Infine ho letto il mio testo agli organizzatori del Festival Internazionale di Narrazione di Arzo che subito si sono dimostrati interessati e insieme a RADIX (un’associazione no -profit svizzera che si occupa di lotta alle dipendenze) abbiamo prodotto lo spettacolo: SE MI AMY ha infine debuttato lo scorso settembre nella splendida cornice del Festival ( https://vimeo.com/359948973)

Ma l’esperienza per me più emozionante doveva ancora arrivare, sin dalle prime repliche nelle scuole medie e superiori della Svizzera italiana.

RADIX accompagnava lo spettacolo con un dibattito tra i ragazzi e quello che ne è scaturito è qualcosa di prezioso: un confronto schietto e ricco di spunti, fortemente emotivo, tra lacrime e sorrisi. Al termine poi i ragazzi lasciano scritto su un bigliettino un messaggio per Ellen (la protagonista dello spettacolo) sulle emozioni che hanno provato per poi depositarlo, in un grande calice realizzato dall’artista Bruno Freddy. In calce metto solo alcuni esempi.

L’emozione più forte per me, oltre ad avere una platea di adolescenti che non fiata ed è commossa per tutto lo spettacolo, sono i messaggi scritti su questi bigliettini. Abbiamo capito che abbiamo davvero fatto centro, loro ne vogliono parlare, vogliono vincere questa dipendenza.

Allora penso che quella ragazzina è da qualche parte dentro di ognuno di loro ed è felice…